unitarietà nel liquidare il danno non patrimoniale


19/11/2014

Ancora una volta i giudici della suprema Corte tornano sul problema della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. precisando   il carattere unitario della sua liquidazione che impedisce la possibilità di un distinto ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc., che hanno solo funzione descrittiva dell'estensione dell'unico danno non patrimoniale). Ciò in quanto si verrebbero a creare  vere e proprie duplicazioni risarcitorie, <<fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione. Le ""tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all'integrità psico-fisica"" predisposte dal Tribunale di Milano costituiscono valido e necessario criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ., là dove la fattispecie concreta non presenti circostanze tali da richiedere la relativa variazione in aumento o, per le lesioni di lievi entità conseguenti alla circolazione, in diminuzione, con la conseguenza che risulta incongrua la motivazione della sentenza di merito che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una liquidazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui si giungerebbe mediante l'applicazione dei parametri recati dall'anzidette ""tabelle"" milanesi. Ove, peraltro, si tratti di dover risarcire anche i c.d. ""aspetti relazionali"" propri del danno non patrimoniale, il giudice è tenuto a verificare se i parametri delle tabelle in concreto applicate tengano conto (come accade per le citate ""tabelle"" di Milano) pure del c.d. ""danno esistenziale"", ossia dell'alterazione/cambiamento della personalità del soggetto che si estrinsechi in uno sconvolgimento dell'esistenza, e cioè in radicali cambiamenti di vita, dovendo in caso contrario procedere alla c.d. ""personalizzazione"", riconsiderando i parametri anzidetti in ragione anche di siffatto profilo, al fine di debitamente garantire l'integralità del ristoro spettante al danneggiato>>.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 settembre - 18 novembre 2014, n. 24473